L’anatocismo è un termine che, in ambito bancario, viene utilizzato per indicare una pratica mediante la quale i normali interessi maturati sul credito di un cliente vengono mutati in capitale, che a sua volta si va a sommare all’importo dovuto causando così un incremento degli interessi totali che il correntista si troverà a pagare.
Si parla dunque, tecnicamente, di “interessi composti”.
L’anatocismo bancario è legale?
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ToggleSiccome sono numerosi gli istituti bancari che applicano l’anatocismo, una delle domande che maggiormente ci si pone in merito è se esso sia a tutti gli effetti una pratica prevista dalla legge.
La risposta è parzialmente affermativa.
Facendo infatti riferimento all’articolo 1283 del codice civile, si può apprendere come la capitalizzazione degli interessi dei clienti da parte delle banche sia permessa, purché la sua applicazione sia secondaria a determinate condizioni.
In primo luogo, deve essere scaduto il tempo limite di pagamento, da parte del correntista, degli interessi normalmente e regolarmente maturati sul suo capitale da almeno sei mesi; in questo caso, l’anatocismo può essere praticato a partire dal giorno della domanda giudiziale. Vige poi un’altra regola: le parti in causa (ovvero istituito di credito e cliente) devono aver chiaramente formulato nel contratto la possibilità di calcolare nuovi interessi a partire da quelli scaduti, ovvero non pagati.
L’articolo 1283, tuttavia, afferma anche che la capitalizzazione degli interessi possa essere svolta “in mancanza di usi contrari”: le banche, dal canto loro, tendono a stipulare contratti in cui prevedono la capitalizzazione degli interessi in virtù del correntista una volta ogni anno, e in virtù di loro stesse con frequenza trimestrale (marzo, giugno, settembre e dicembre).
Come verificare la presenza di anatocismo bancario
L’anatocismo è ancora ai giorni nostri uno degli elementi maggiormente dibattuti a livello giuridico, in quanto sono purtroppo molte le banche che lo applicano erroneamente, divenendo delle vere e proprie usuraie.
Risulta pertanto fondamentale imparare a verificare da sé se sussistono condizioni illegali di capitalizzazione degli interessi sul proprio credito.
A tal fine, la prima cosa da fare è quella di avere a portata di mano ogni documento relativo al proprio rapporto con l’istituto di credito di riferimento: contratto di apertura del conto, in cui è possibile prendere visione dei tassi e della tipologia di capitalizzazione applicati; i documenti informativi e riassuntivi circa i movimenti mensili e gli estratti conto scalari, utili per valutare gli interessi passivi che vi sono stati attribuiti, e infine tutta la documentazione di sintesi e relativa alle condizioni contrattuali periodiche.
Per calcolare correttamente la soglia di usura oltre la quale è possibile fare causa alla banca, tuttavia, bisogna utilizzare delle formule di quella che viene definita “matematica finanziaria”, molto difficili per chi non è esperto del settore; per questo motivo, al fine di individuare in modo preciso e affidabile la presenza di anatocismo bancario illegale applicato al proprio credito, è consigliabile affidarsi ad un professionista in materia di perizia econometrica, che procederà con una valutazione completa del conto corrente del cliente alla ricerca di eventuali irregolarità.
Cosa fare in presenza di anatocismo bancario
La violazione delle norme vigenti riguardanti l’applicazione degli interessi composti, rende il correntista legittimato a richiedere alla banca un risarcimento pari alla somma totale di interessi non dovuti che già ha versato all’istituto di credito, purché il suo conto sia ancora aperto o sia stato chiuso da un periodo non superiore ai dieci anni.
Oltre a ciò, il cliente può anche intentare causa alla banca usuraia e altresì acquisisce nei confronti della stessa un maggior potere contrattuale, che gli permette, ad esempio, di ridefinire i termini contrattuali già sottoscritti e di modificare (tramite sospensione, rinvio o revoca) l’esecuzione di decreti ingiuntivi.
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